Vito Maurogiovanni

Vito Maurogiovanni

Vito Maurogiovanni nasce a Bari il 27 dicembre 1924, nella casa retrobottega del caffè di suo padre Giovanni, Antico Caffè, in via De Rossi, 119. Dopo esperienze di giornalismo  e scrittura teatrale- e’ del 1951 il primo dramma in vernacolo barese, U Cafè Antiche rappresentato al Piccinni -esordisce In RAI( fascia regionale) con La Caravella, notissima trasmissione pomeridiana in vernacolo barese i cui protagonisti sono gli ‘epici’ Colino e Marietta.  Nel 1951 sposa Anna da cui ha tre figlie: Maria Celeste, Elvira, Giovanna.

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Vito Maurogiovanni ha vissuto più vite professionali: diplomatosi a Bari con le amatissime professoresse Avemaria e Candida Stella, ha avuto un brillante cursus lavorativo in un’azienda telefonica nazionale, per la quale andò a dirigere la sede di Matera in anni politicamente e socialmente difficili.

Dimessosi negli anni ‘caldi’ del sindacalismo per divergenze ideologiche, si dedicò alla sua grande passione: scrivere e narrare storie di uomini, donne, paesi, città e nazioni.

“. . . scrivo dal 1942. Ho scritto migliaia di articoli, 3. 500 sono stati solo i
pezzi che ho dedicato alla televisione, una ventina di libri, ho rappresentato
più di venti commedie, forse un centinaio di programmi radiofonici.
I miei lavori sono nelle collezioni dei giornali, delle riviste, nelle biblioteche,
negli archivi Rai, negli ingialliti, anche se ben rilegati, copioni.
Le opere teatrali che ho pubblicato sono «U cafè antiche», «Giallo al
convento», «Sadko», «Il volo di A.C. Lindberg», «Vecchie pagine per un mondo
moderno», «La Passione de Criste», «Racconto d’oggi».
Sono ora grato a Mario Cavalli e ai suoi figli Lello, Gianni, e Irene che mi
consentono di pubblicare, salvandole dalla polvere degli archivi, altre otto
opere scritte per il teatro e la radio.
Sono «Chidde di du 188 … », «Aminueamare», «Sangue amore e contrabbanne
» che hanno avuto molte edizioni e centinaia di repliche.
Ci sono anche «Piove, l’acqua è di limone», «Papa Galeazzo: splendori e
miserie», «Cinque monaci da fucilare», trasmessa dalla Rai e dedicata a uno
sconcertante episodio barese della Prima guerra mondiale, «Nicolaus …
venne dal mare», rappresentata nella Corte del Catapano, e l’inedita «Onda
marina». Otto diverse esperienze, sottolineate dalle estrose tavole del pittore
Michele Damiani, per le quali la mia speranza, e quella de/l’editore, è che abbiano
tanti lettori quanti sono stati, e sono, gli spettatori che le hanno viste e
le vedono ancora.”

Ha collaborato con L’Istituto Margherita di Bari di cui fu per lungo tempo Bibliotecario. E’ stato corrispondente dell’Osservatore Romano,inviato speciale, critico televisivo e  autore  per lunghissini – sempre sulla Gazzetta del Mezzogiorno- della rubrica Come eravamo. 

Il ricordo di Pierpaolo Pasolini di Vito Maurogiovanni , dalla rubrica Come Eravamo della Gazzetta del Mezzogiorno:

“Nel 1964 non ero più residente a Matera. Ero tornato a Bari, nella mia città, ma nel capoluogo lucano avevo parenti ed amici e compari e i rapporti erano così affettuosi che continuavo a vivere sospeso fra le due località. Ogni occasione era buona per una
capatina fra i Sassi o giù, al nuovo villaggio della Martella, o su, verso la ridente collina di Timmari. Ero naturalmente attento ai fatti e agli avvenimenti e ai personaggi che popolavano la bella città lucana, e attentissimo quando all’orizzonte si profilavano eventi eccezionali. Figuratevi l’interesse- interesse culturale, si capisce- quando, nell’aprile di quell’anno, giunse a Matera Pier Paolo Pasolini con tutto il suo caravanserraglio per girare “Il Vangelo secondo Matteo”. Ed era un caravanserraglio di gran nobiltà: c’era la madre, gentile e un po’ distaccata, forse intimidita perché il figlio le affidava la parte della Madonna. E c’era Enzo Siciliano, allora giovanissimo, e il poeta Alfonso Gatto, un po’ pesante nella sua andatura, lo sguardo stralunato e meravigliato nel trovarsi in un paesaggio diverso, il polemico Francesco Nicoletti, l’acuta Natalia Ginzburg, il nipote della scrittrice Elsa Morante, il poeta Rodolfo Wilcock, il critico musicale napoletano Ferruccio Nuzzo, il famoso Tonino Delli Colli per le riprese cinematografiche […]

Tratto dal Nicolaus, dramma teatrale rappresentato  in occasione della Festa di san Nicola, sul sagrato della Basilica di Bari dedicata al Santo

Barese

Sanda Necole, tu mò te ne vine da mare. E la chendendezze nosta la jacchie ncijle e la jacchie nderre. Sanda Necole: sime fadegature. Sciame pe’ mare e sciame pe’ terre. E pe’ mare tenime l’attanere, le figghie e le frate; e pe’ terre tenime l’alde frate, le nepute e le cheggine, sanda Necole: e sime pure gastemature, gastemature de Sande, Criste e Madonne. Ma accome tu vijne menz’a nu, nu non t’amà gastemà chiù.

Popolana

Percé  tu fasce chendende l’orafanijdde, pinz’a le vacandì, jacchie u zit’a le uagnedde, salve d’au mare le marenare, acchiamijnde a le pecceninne ijnd’a la nache; e mandine lendane u fueche e u vijnde…(una musica e vengono fuori i personaggi popolari della fine del primo tempo: i cantastorie, gli armigeri con teste d’asino e strumenti vari, e incominciano a narrare, anzi a mimare di nuovo la leggenda dell’asino nero e dell’asino bianco. Si torna a ricordare insomma la grandezza di Nicola).

Popolano

E de te hanne feduccie l’artijre, u commesse viaggiatore, u serve e u patrune, u sfadegate, u nullafacende e u nullatenente. E te preghene pure le ladricijdde, le farmaciste, le scarpare, la candenijre e pure le fermaggiare.

Popolana

E nannz’a la Chijesia to amà fa chiazz’e mercate. Amà venne, sanda Necole beneditte. Criste ngijle e nu ‘nderre, Sanda Necole apprrijsse a nu e tutte quande amà cambà. E amà venne robbe, chestume, scarpe, pesce, mmire pan’e pasta…E grane, pepe, rafanijdde e fave de cuezze. E, a la gloria to, amà fa feste. E da lendane, ddò, hann’a venì pellegrine, pegre, bastune e cavaddre. E amà disce pe’ tutte u munne la storie belle to. Pure chidde du ciucce bianche e du ciucce gnore. Tutte amà disce…

Il poeta

Questa silloge, ristampata con il titolo I santi di casa mia, sono il ritratto di un uomo che, senza timori o falsi pudori, affida al lettore come prima aveva fatto con le sue figlie, il lungo racconto di una vita.

Le poesie infatti,  sono la storia di ‘ un povero cristiano’ che intende poesia lirica come narrazione di vicende vissute,  grandi e piccole, di tormenti personali  espressi con un  linguaggio asciutto e antilirico, prelirico, disciolti in immagini di film che lo rasserenano (quelli di Charlie Chaplin, il suo autore e regista preferito di cui ammirava la fine ironia e lo guardo poetico e tenero sulla realtà), di sogni, di  ricordi che si snodano in un trentennio , tra Bari e Matera, città in cui fu  trasferito come direttore di una grossa società  ( v. Cantata per Cristina ne I Santi di casa mia), periodo in cui visse un forzato ‘esilio’ a Matera

Dalle esperienze umane e culturali, di gioie,  di struggenti malinconie consumate in città tra loro antropologicamente, storicamente e culturalmente diverse, Bari e Matera , nasce questo testo nel cui titolo sono già evocati concetti e sentimenti che ispirano il suo canto, i santi – intesi in senso cristiano e laico, quali i Mani, tutori di antica memoria,  e la casa , luogo di affetti, di vincoli stretti, di sorrisi e sofferenze, di memorie in cui ritornare, anche solo con il pensiero per ritrovare la forza e la spinta per andare oltre, per rinvenire il passato e  il vero senso  dell’esistenza  da raccontare  e lasciare come eredità di affetti e di pensiero, alle figlie, ai nipoti, ‘agli uomini di buona volontà”.